Fentanyl: una minaccia ambientale e sociale emergente

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Negli ultimi anni, l’epidemia di oppioidi, tra cui il fentanyl, è divenuta un’emergenza sanitaria e sociale di portata globale. Sebbene il fenomeno sia noto soprattutto per l’alto tasso di mortalità che causa, è interessante anche esaminare l’impatto ambientale di queste sostanze e della loro produzione. In questo articolo, vedremo come la crescente crisi del fentanyl sia legata a fenomeni sociali ed ecologici complessi.

Fentanyl: la sostanza sintetica e il suo impatto globale

Il fentanyl è un oppioide sintetico molto potente, infinitamente più forte della morfina. Il suo uso terapeutico si limita principalmente al trattamento di pazienti con dolore cronico o importante, ad esempio quelli affetti da cancro o che hanno subito interventi chirurgici complessi. Tuttavia, è proprio la sua potenza che lo rende particolarmente pericoloso quando utilizzato al di fuori delle indicazioni mediche.

La crisi del fentanyl ha radici in un abuso diffuso degli oppioidi, che ha raggiunto il suo culmine negli Stati Uniti negli anni 2010 e che negli ultimi tempi purtroppo è tornato alla ribalta. L’incremento nella produzione e nel traffico di fentanyl ha provocato un aumento esponenziale delle overdose, con effetti devastanti sulle comunità e sui sistemi sanitari. Secondo un rapporto del National Institute on Drug Abuse (NIDA), oltre 50.000 morti per overdose sono state causate dal fentanil e dai suoi derivati nel 2019 negli Stati Uniti (NIDA, 2021).

Oltre all’impatto sociale e sanitario, l’industria della produzione illegale di fentanyl porta con sé una serie di gravi conseguenze ecologiche. Il fentanil viene prodotto in laboratori clandestini, spesso situati in paesi con normative ambientali deboli. Questi impianti di produzione illegale non solo emettono sostanze chimiche tossiche nell’ambiente, ma anche materiali di scarto altamente inquinanti, che contaminano l’aria, l’acqua e i suoli.

Un aspetto che merita attenzione è la gestione dei rifiuti chimici provenienti dalla sintesi del fentanyl. Le sostanze chimiche utilizzate per la produzione di fentanil, come l’acido cloridrico, l’etanolo e altri solventi pericolosi, vengono smaltite in modo inadeguato. Questi composti, a contatto con l’ambiente, possono provocare la morte di flora e fauna e contaminare le risorse idriche locali. Le persone che vivono nelle vicinanze di questi laboratori clandestini sono esposte a rischi significativi per la salute, come malattie respiratorie e dermatologiche, dovute all’esposizione diretta a queste sostanze tossiche (Goguen & Melendez, 2020).

Dope Sick: la serie tv che narra la crisi sociale ed ecologica degli oppioidi

La serie tv Dope Sick racconta la tragica realtà dell’epidemia di oppioidi negli Stati Uniti, incentrandosi sulla storia di una piccola cittadina dove la crisi ha avuto un impatto devastante. Dope Sick evidenzia come la dipendenza da oppioidi, tra cui il fentanyl, non sia solo una problematica sanitaria, ma una questione che abbraccia anche la giustizia sociale e l’ambiente. Infatti, le dinamiche di produzione e distribuzione della droga sono interconnesse con disuguaglianze economiche, politiche e ambientali che travolgono le persone più vulnerabili.

La vicenda di Dope Sick potrebbe far riflettere sul modo in cui l’abuso di sostanze come il fentanyl è legato alla distruzione delle risorse naturali. Le persone dipendenti da questi farmaci sono spesso coinvolte in attività illegali per finanziare il loro consumo, come il traffico di sostanze sintetiche. Queste attività hanno un impatto diretto sull’ambiente, alimentando un ciclo di sfruttamento delle risorse naturali che non solo aggrava il problema sociale, ma danneggia anche il Pianeta.

Oppioidi e la strategia (oscura) delle aziende farmaceutiche

La crisi degli oppioidi, che ha avuto inizio negli anni ’90, è stata alimentata in gran parte dalla politica aggressiva delle aziende farmaceutiche, che hanno promosso massicce prescrizioni di analgesici oppioidi, tra cui la morfina, l’ossicodone e, successivamente, il fentanyl. Tra le principali aziende farmaceutiche coinvolte in questa pratica c’era Purdue Pharma, produttrice di OxyContin, un analgesico a base di ossicodone. Purdue e altre aziende del settore farmaceutico hanno utilizzato strategie di marketing aggressive per promuovere questi farmaci come “sicuri” ed “efficaci”, minimizzando i rischi di dipendenza.

Nel 1996, Purdue Pharma lanciò OxyContin, sostenendo che fosse meno soggetto a causare dipendenza rispetto ad altri oppioidi, grazie alla sua formulazione a rilascio controllato. Questo messaggio si rivelò ingannevole, poiché molti pazienti svilupparono dipendenza da OxyContin, e la sua diffusione portò a un’esplosione delle prescrizioni di oppioidi. Purdue fu successivamente accusata di aver minimizzato i rischi di dipendenza, tanto che nel 2007 la compagnia si dichiarò colpevole di aver ingannato il pubblico e le autorità sanitarie, accettando di pagare una multa di 600 milioni di dollari per aver promosso in modo fraudolento i suoi prodotti.

Nel frattempo, altre aziende farmaceutiche, come Johnson & Johnson e Endo Pharmaceuticals, hanno anch’esse contribuito alla diffusione degli oppioidi, con strategie simili che miravano ad aumentare la prescrizione di farmaci analgesici a base di oppioidi.

Promozione incontrollata e conseguenze della dipendenza

Le aziende farmaceutiche hanno agito spingendo i medici a prescrivere oppioidi come OxyContin e fentanyl per trattare il dolore cronico, un’iniziativa che ha avuto gravi ripercussioni. Gli sforzi di marketing includevano incentivi finanziari per i medici, che erano spesso incoraggiati a prescrivere farmaci a lungo termine, anche per pazienti che non avrebbero avuto bisogno di terapie oppioidi così forti. Questo approccio ha aumentato esponenzialmente il numero di persone esposte al rischio di dipendenza.

Le politiche di prescrizione aggressive hanno portato a un rapido aumento del numero di persone che diventavano dipendenti da farmaci come OxyContin, per poi passare a droghe più economiche e facili da procurarsi, come l’eroina. Il fentanyl ha giocato un ruolo centrale in questa transizione: dopo che molte persone dipendenti da oppioidi avevano esaurito le loro prescrizioni o non potevano più permettersi gli analgesici, hanno iniziato a cercare fentanyl sul mercato nero, dove veniva spesso venduto in modo fraudolento come eroina, aumentando così il rischio di overdose.

Il caso Purdue Pharma

Il caso di Purdue Pharma è il più noto, ma non è l’unico. Diverse aziende farmaceutiche sono state accusate di contribuire alla crisi degli oppioidi, e alcuni sono stati coinvolti in cause legali. Purdue, in particolare, ha dovuto affrontare numerosi procedimenti legali e risarcimenti milionari per aver alimentato la crisi degli oppioidi. Nel 2019, Purdue ha dichiarato bancarotta e ha accettato di pagare un risarcimento di circa 12 miliardi di dollari per compensare i danni causati dalla sua politica di marketing.

Altre aziende, come Johnson & Johnson, sono state coinvolte in cause legali per il loro ruolo nella distribuzione di oppioidi. Nel 2019, un giudice dell’Oklahoma ha ordinato a Johnson & Johnson di pagare 572 milioni di dollari per il suo ruolo nella crisi, sostenendo che l’azienda aveva contribuito alla proliferazione della dipendenza da oppioidi.

Nonostante gli enormi danni causati, molte delle aziende farmaceutiche coinvolte nella crisi degli oppioidi non sono state adeguatamente ritenute responsabili. I risarcimenti finanziari, sebbene ingenti, non possono riparare ai danni causati dalle vite perse e dalle famiglie distrutte. La lezione fondamentale che emerge da questa crisi è che le aziende farmaceutiche hanno una responsabilità cruciale nel garantire che i farmaci vengano promossi e distribuiti in modo sicuro, con un’attenzione particolare ai rischi di dipendenza. Inoltre, l’industria dovrebbe essere più trasparente riguardo ai rischi e alle potenziali conseguenze derivanti dall’uso di farmaci, evitando il marketing ingannevole che minimizza questi pericoli. Solo attraverso politiche più rigide e una maggiore responsabilità dell’industria farmaceutica si potrà sperare di ridurre i danni della crisi degli oppioidi, proteggendo la salute pubblica e prevenendo ulteriori tragedie.

Tre libri che trattano il tema in modo approfondito sono:

  1. “Dreamland: The True Tale of America’s Opiate Epidemic” di Sam Quinones
    Un libro che offre una panoramica dettagliata sull’epidemia di oppioidi in America. Quinones esplora come la combinazione di prescrizioni mediche irresponsabili e la diffusione di droghe sintetiche abbia alimentato la crisi, facendo luce anche sugli impatti ambientali della produzione e distribuzione di queste sostanze.
  2. “The Least of Us: True Tales of America and Hope in the Time of Fentanyl and Meth” di Sam Quinones
    Un seguito del precedente, questo libro si concentra sul fentanil e sulle sue implicazioni. Quinones analizza il fenomeno del fentanil e il suo impatto sulle persone, sulle comunità e sull’ambiente, evidenziando storie di resilienza e speranza in un periodo buio.
  3. “La piaga. La lunga crisi della dipendenza da oppiacei in Italia” di Andrea Lazzarotto
    In italiano, questo libro si focalizza sulla diffusione della dipendenza da oppiacei in Italia e in Europa, includendo una riflessione sull’impatto che fenomeni come il fentanil stanno cominciando a esercitare anche fuori dall’America.
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Fonti:

Carmela Kia Giambrone

Giornalista, consulente alla sostenibilità e alla comunicazione digitale

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