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All’inizio c’era l’usato, poi giunse lui: il vintage. Se parliamo di abbigliamento infatti, chi sceglieva capi usati, lo faceva essenzialmente per 3 ragioni:
- economica;
- di stile;
- economica.
È vero: il classico usato, era qualcosa che nell‘immaginario comune dei primi anni ’80 del secolo scorso, almeno nel nostro Paese, richiamava i ragazzi di Camden Market, Portobello Road o gli hippy d’oltreoceano o ancora i bohemien parigini. Oggi, ed in epoche più moderne, è divenuto sempre di più qualcos’altro. È ormai sotto gli occhi di tutti, infatti, la vera importanza di uno stile di vita ecologico. Il tema, ha toccato al principio pochi che, con grande costanza e perseveranza, sono riusciti a farlo divenire d’interesse di un numero sempre maggiore di persone.
Pianeta in crisi: come nasce una coscienza ecologica
Global warming, stravolgimenti globali, crisi alimentari ed energetiche, hanno fatto sì che, gli accordi per il clima dal 1995 ad oggi, ben 25, da Kyoto a Cop21 nel 2015 a Parigi, abbiano in un modo o nell’altro, toccato le vite di tutti noi, dai governi ai cittadini.
La scesa in campo di nomi di fama mondiale, da Di Caprio o Joaquin Phoenix a Natalie Portman, giusto per citarne alcuni, ha così permesso di raggiungere milioni di coscienze. Hanno così toccato nel corso della prima dedace del 2000, moltissimi uomini e donne, ragazzi e ragazze di tutto il mondo, divenendo da interesse di nicchia, a grande rivelazione. Oggi, 2021 Anno Domini, la sostenibilità è davvero un trend per milioni di persone, che induce un cambio delle abitudini. Dalla spesa km0, alla lotta allo spreco alimentare, fino all’abbattimento dei rifiuti ed alla filosofia zero waste e, che alle volte, ci fa dire, che di greenwashing ne abbiamo davvero abbastanza. Ma come spesso si dice, in certe situazioni, basta che se ne parli e così, se un’adolescente può smuovere milioni di ragazzi in tutto il mondo, chi siamo noi per non gioirne?
Quanto conta davvero la sostenibilità?
Secondo il report “Consumer Products and Retail: How sustainability is fundamentally changing consumer preferences” del Capgemini Research Institute, in fondo sono i consumatori che sono cambiati: danno sempre più peso alla sostenibilità, tanto che il 79% di loro, sta modificando le proprie preferenze di acquisto, in base a criteri come responsabilità sociale, inclusività o impatto ambientale.
In questo estremo e anche piutosto epocale cambiamento di rotta in campo sociale ed economico, anche il mercato dell’economia circolare, dal riciclo al riuso, passando per i rifiuti, ha piano piano acquisito sempre maggiore importanza. Con l’Agenda 2030, adottata dall’Assemblea Generale ONU nel settembre 2015, è stato possibile porre sul tavolo di 193 paesi membri, il grande tema dello sviluppo sostenibile a tuttotondo.
Se tutti noi ricordiamo molto bene le immagini del Great Pacific Garbage Patch, la vera e propria isola di plastica nell’Oceano Pacifico settentrionale, e il problema delle microplastiche è noto ormai a tutti, l’imminente raison d’être di governi, aziende e cittadini, è quindi quella agire verso un cabiamento sostenibile.
Sostenibilità? riuso, riparo e scelgo l’usato
Ecco perchè la fast fashion, l’industria del “compra e getta” e le grandi catene presenti in tutto il mondo, hanno così assistito ad un cambiamento di bisogni e, rapidamente, hann mosso passi verso una direzione diversa: sono nate linee sempre più conscious, oppure, notizia di pochi giorni fa, apparsa sul Financial Times, la più grande insegna di furniture e oggetti per la casa, ha messo a disposizione un sistema di vendita online di pezzi di ricambio, segno che quindi qualcosa ormai è cambiato.
Oggi pertanto si comprende facilmente l’enorme interesse nei confronti dei numerossimi mercatini dell’usato e degli store on line, marketplace virtuali o fisici, capaci di racchiudere in loro, oggetti e capi d’abbigliamento tra i più peculiari, unici e ricchi. Il rovescio della medaglia? la possibilità di ridurre il consumo di risorse ed energia, l’inquinamento produttivo, i rifiuti ed infine, dare o allungare la vita a capi d’abbigliamento ed oggetti che altriementi sarebbero avviati verso la piattaforma ecologica. Chi sceglie di vendere o anche acquistare capi d’abbigliamento usati e oggetti d’altra epoca, ha molte ragioni:
- quella legata alla sostenibilità;
- quella legata al desiderio di unicità;
- il desiderio di portare a sè, storia e valore d’altri tempi;
- risentire emozioni e ricordi;
- ricercare durabilità e made in Italy.
In questo enorme ventaglio di opzioni, come sempre, chi si avvicina non può abbandonarsi ai desideri senza chiedersi: come fare a scegliere consapevolmente?
Ebbene, il primo consigio è certamente quello di usare cura ed attenzione nella scelta di a chi dar fiducia. Ho deciso così di parlarvi di un’App che, come sempre, in prima persona ho sperimentato da entrambi i lati.
Scopriamo l’usato vintage di qualità: l’intervista a Francesca Tonelli di Vintag
Vintag, la prima app italiana, diponibile su Google Play ed Apple store gratuitamente, per comprare e vendere vintage autentico, è uno degli ottimi strumenti per approcciarsi a questo mondo.
Ho avuto il piacere di intervistare Francesca Tonelli, Chief Operating Officer di Vintag srl di Bologna, fondata nel 2016 da 9 soci, tra questi Francesca, appunto e mi sono fatta raccontaare la genesi della loro avventura e come il mondo del vintage e dell’usato è cambiato nel tempo.
Carmela Kia: “Vintag, App italiana che parla di vintage, come è nata l’idea?“
Franscesca Tonelli: “…l’idea è nata quando durante un trasloco ho trovato un baule di mia nonna Cesarina ricolmo di suoi abiti perfetti, quelli della festa, che si usavano la domenica e ne ho capito immediatamente il valore, non solo economico, sia chiaro. A quei tempi, nel 2015, lavoravo già nel campo del vintage a Bologna, e facendo ricerche per lavoro, mi trovavo spesso nello stesso marketplace generalista, dove si vedeva in vendita la gonna del fast fashoin a 5 euro ed accanto una gonna del 1960 vintage. Perciò mi sono detta: e le persone che non hanno un occhio allenato come il mio, come fanno a scegliere? sai, era una giungla e dovevi perdere un sacco di tempo per capire quali capi fossero davvero vintage e quali invece no. Quindi, abbiamo girato tra Europa e Stati Uniti per capire cosa c’era sul mercato e cosa invece mancava. Così l’anno dopo, abbiamo progettato l’idea e nel 2017 siamo diventati la prima community e App italiana dedicata al vintage.“
CK: “Ciò che si nota è che su altri market place non c’è grande selezione mentre da voi sì, sbaglio?“
FT: “Chi vende su Vintag, lo fa con tranquillità e serietà, quando io vendevo, mi ritrovavo spesso su altre piattaforme a dover assistere ad un vero gioco al ribasso. Non mi piace l’idea di portare questo sistema anche in Vintag e di fatto non è così. Ognuno ha la sua fascia di pubblico e nessuno fa concorrenza all’altro, perchè il vintage è unico e tutti hanno qualcosa di diverso dagli altri.”
CK: “Quali sono stati i primi riscontri dal bacino di vostri utenti?”
FT: “Noi ci rivolgiamo a utenti specifici, selezionando sia chi vende che chi aquista ma oggi il vintage è in un momento di grande moda, grazie al mercato in crescita della sostenibiità e così, oggi, c’è sempre più gente che pur interessandosene, non è preparattissima, ecco perchè anche tramite i social ed il blog, facciamo un po’ di educazione trasversale. Credo che sia una cosa molto bella quest’apertura al mondo dell’usato di qualità, si stanno sdoganando finalmente alcuni pensieri sul vintage ovvero che fosse un mercato estremamente caro o peggio un bene di lusso o ancora, robaccia da cantina. Finalmente è sempre meno così, c’è tutto un mondo da scoprire!”
CK: “E oggi? chi sceglie usato e vintage?”
FT: ” Sai, mi sono portata con me in questo viaggio chi credeva nel progetto e poi, grazie alla stampa, ai social ed agli utenti, piano piano siamo cresciuti: oggi ci sono sia utenti che aquistano one shot, una volta e via, ma ci sono anche moltissimi appassionati che fanno regolarmente aquisti, da chi lo fa perchè è sostenibile, a chi desidera la cosa unica ed al giusto prezzo, fino a chi desidera l’oggetto di design che magari un tempo non poteva avere. La bellezza del vintage è anche che tu puoi crearti il tuo stile senza seguire la moda, anzi il vintage ti permette di acquistare quel pezzo che il fast fashion non ha, perchè non va.”
CK: “In tema di sostenibilità ed economia circolare, l’app Vintag contribuisce in modo molto forte, quanto il valore della sostenibilità ha preso parte nel progetto?”
FT: “Il vintage è anche sostenibile quindi le due cose sono sempre andate di pari passo, vanno insieme, poi piano piano, soprattutto oggi è diventato sempre più chiaro che la sostenibilità è un vero must per tutti noi. La natura ce lo ha messo davanti agli occhi, è davvero un tema imprenscindibile. Quando fanno un acquisto, i nostri utenti comprano anche con obiettivo diverso: se non piace più, l’oggetto non viene gettato ma può essere rivenduto, di fatto rimesso in circolo...infine, ci appoggiamo a server che non inquinano, utilizziamo un green data center al 100% a emissioni zero facendo attivamente qualcosa per il Pianeta. Noi ci crediamo, considera che la nostra azienda è in smart working da quando è nata, cerchiamo di essere più coerenti possibili, sposando a pieno la causa.”
CK: “E dimmi, gli utenti come aiutano l’App?”
FT: “Gli utenti sono la parte focale della nostra app, ci aiutano tantissimo, fin dall’inizio, perchè li abbiamo coinvolti da subito, ci hanno dato inidicazioni sulle struttura dell’app, inoltre grazie ad una community molto attiva, su fb abbiamo un gruppo dove gli utenti possono scambiarsi pareri e condividere dubbi e consigli, siamo anche un po’ vintage nell’anima insomma, perchè ci diamo una mano!”
CK: “Quali sono i vostri obiettivi futuri?”
FT: “Il primo obiettivo è certamente quello di aprire la versione desktop per allargare il nostro pubblico e da metà anno, iniziare ad andare un po’ fuori dall’Italia: abbiamo già una versione inglese, ci siamo consolidati sul mercato italiano e ora puntiamo all’estero, dalla Nuova Zelanda alla Francia e per farlo, coinvolgeremo anche la community. Inoltre, collaboreremo attraverso la categoria della rubrica Icone a scrivere approfondimenti sul vintage con i brand, ma non posso dirti di più…”
In conclusione, ringrazio naturalmente Francesca per la sua disponibilità e per la sua sincerità e spero di essere riuscita a mostrarvi il fil rouge sempre più spesso che unisce il tema della sostenibilità a quello della scelta di riuso e riutilizzo negli acquisti che ciascuno di noi fa. Si può insomma essere sostenibili senza rinunce ma facendo scelte consapevoli e responsabili.
A presto,
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